"Immigrato" di Mario Fortunato, Salah Methnani

"Ho letto una volta che la verità è come la linea dell'orizzonte: si sposta a mano a mano che tu avanzi."

"Immigrato" racconta l'ostico e solitario incedere di un ragazzo che risale la nostra penisola. Otto stazioni diverse accolgono Salah nel suo andare, e ogni passo che lo allontana da Tunisi sembra spogliarlo di un'identità faticosamente guadagnata.

Il cammino in una terra straniera è senza gravità, Salah non ha ombra, nè peso, ed è destinato a trasformare gli infelici in cui si imbatte in altrettante anime indistinte: cerca di imprimere i propri ricordi in un quaderno, ma tutto sfuma, e le scie di inchiostro diventano epitaffi di un passato inconsistente, una massa eterea di nomi, volti, a cui la storia ha impedito di fissarsi al terreno, e di toccarsi reciprocamente. Come vittime di un maleficio, le voci di questo libro si trovano arenate dall'altra parte dello specchio, e quello che prima era l'Occidente scintillante dei racconti ideali e meravigliosi, ora si rivela un paese fatto di soprusi, spaccio e miseria. Ciò che conta è trovare un riparo, ossia un letto e una definizione, uno stereotipo che lo protegga dalla superbia altrui. Fino al giorno in cui la partenza si trasformi in un ritorno, e la traiettoria svanisca, insieme all'eco lontana: "Uno, due, tre, quattro, cinque...".

Autori: Mario Fortunato, Salah Methnani
Anno: 2006
Edito da: Bompiani

Recensione di Serena D'Angelo
(serenadangelo93@gmail.com)